giovedì 2 dicembre 2010

Quanta demagogia

Non appena si parla di sciopero dei calciatori in Italia parte automaticamente lo sdegno populista nei
confronti di chi guadagna in un giorno quello che tanti guadagnano in un anno, va in giro con la Ferrari e non porta certo le pezze al sedere. Ma i calciatori non scioperano come gli operai per il salario, non hanno rivendicazioni economiche, non vogliono guadagnare di più, ma perché rifiutano un’ondata reazionaria di presidenti del calcio.
Le rose sdoppiate consistono nel conferire al club un potere di emarginazione dei giocatori che sono sotto contratto ma che non interessano più: servono ad ammorbidire il calciatore, fargli capire che aria tira... I presidenti vogliono persino il potere di scaricare a piacimento un giocatore sotto contratto,
togliendogli la possibilità di rifiutarlo, demolendo una conquista sindacale di 30 anni prima e aggirando una legge dello stato. Se ci mettiamo che nel calcio lo sciopero è solo virtuale, anzi non è proprio uno sciopero (infatti lo chiamano astensione) perché la giornata viene recuperata - diverso sarebbe se la A restasse di sole 37 giornate invece di 38, con una completamente annullata - riesce difficile comprendere tanta demagogia epopulismo. Lo spazio per trattare ancora c’è tutto, ma i calciatori di fronte a questi dirigenti - che non sono assolutamente migliori di loro - hanno buone ragioni. Per uno sciopero del pallone non morirà nessuno. (fabrizio bocca)

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